XVII Convegno Sacrense
Programma e Sintesi delle Relazioni e Photogallery
Abbazia Sacra di San Michele Comitato Sacrense |
Programma
Venerdì 19 settembre 2008
Ore 15.00: Saluti e introduzione
Ore 15.15: Umberto Muratore
Introduzione
Ore 15.30: Markus Krienke
Università Teologica di Lugano (Svizzera)
Speculazione e contemplazione nella filosofia di Antonio Rosmini
Ore 16.00: Paolo De Lucia
Università di Genova
“Luce di verità” e “fuoco di Carità” in Rosmini
Ore 17.00: Giulio Nocerino
Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa
Forma e concretezza nell’ontologia rosminiana
Ore 17.30: Samuele Francesco Tadini
Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa
Il recupero rosminiano dell’argomento ontologico
Ore 18.00: Gheorghe Stoica
Università di Bucarest (Romania)
Razionalismo rosminiano ed evoluzione spirituale della Chiesa
Sabato 20 settembre 2008
Ore 09.30 Mario Cioffi
Avvocato, Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani di Firenze
Il percorso rosminiano dall’intelligenza all’amore
Ore 10.00 Silvio Spiri
Università Tor Vergata / Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto
La sapienza metafisica di Antonio Rosmini
Ore 11.00 Pawel Borkowski
Università di Varsavia (Polonia)
Rosmini fra cristianesimo e politica
Ore 11.30 Juan Francisco Franck
Università di Buenos Aires (Argentina)
Il problema del peccato originale e la filosofia
Ore 12.00 Giampietro Casiraghi
Università di Torino
Presentazione degli Atti del XVI Convegno Sacrense
Paolo De Lucia (Università di Genova)
Sul concetto di forma della verità, si incardina, all’interno del sistema speculativo di Rosmini, il rapporto tra la dimensione oggettivante del pensiero, e la dimensione qualificante dell’esistenza cristiana, rosminianamente racchiudibile nei termini della carità triniforme.
Infatti, le meditazioni del pensatore trentino sulla dinamica della conoscenza, lo inducono a conferire corpo e consistenza alla forma della verità, riformulandola come idea dell'essere, o essere ideale, ed attribuendo a questa la condizione di forma veritativa, cioè di garante della retta prensione conoscitiva di enti, concetti e principi. È appunto in tal senso, che noi, lettori contemporanei dell’opera rosminiana, possiamo attribuire all’idea dell'essere lo status di “luce di conoscenza”, o “luce di verità”.
Ora, il fatto che ciò che l’uomo intuisce, sia essenzialmente dall’uomo partecipato come forma della verità, vale a dire come fattore che conferisce all’io la prensione veritativa sull’essere, garantisce oggettività e universalità alla dimensione della conoscenza, e quindi garantisce il retto esercizio della carità, giacché questo - nell’ottica del “prete di Rovereto” - prende le mosse dal riconoscimento dell’essere nel suo ordine, essere organicamente ripartito in gradi diversi nei vari enti. Si avvia così una dinamica che trova il suo compimento ad opera di Dio, giacché la conoscenza completa della carità, donata dall’Assoluto al singolo credente, costituisce essa stessa una forma di carità. Rivelando la carità, Dio rivela a ben vedere sé stesso, Amore che si trasfonde nell’amore dell’uomo amante l’Amore, e fa appello all’adesione da parte del singolo, affinché il fuoco di Carità si renda presente nel mondo come spirito e vita.
Giulio Nocerino
La relazione tra le tre forme dell’essere, ideale reale e morale, nell’ontologia rosminiana apre ad una visione concreta dell’essere stesso, come dialettica, comunicazione e relazionalità. Il nesso tra sintetismo e concretezza è stato messo in evidenza già nella fase neoidealistica degli studi sul pensiero del Roveretano. Si pensi a B. Spaventa, a D. Jaja, a G. Gentile. Soprattutto D. Jaja, nel suo Studio critico sulle categorie e forme dell’essere di A. Rosmini (1878), ha colto in tutta la sua complessità il problema ontologico rosminiano: la necessità di pensare l’essere non solo come uno e identico, ma anche come già in sé molteplice e diverso. La dialettica dell’implicanza e della compresenza, elaborata da M. F. Sciacca, continua e approfondisce questa direzione.
Samuele Francesco Tadini
Il punto focale del ragionamento rosminiano, nelle varie formulazioni che mostra l’argomento ontologico a priori, è rappresentato dall’idea di essere, che per Rosmini è intuita dall’uomo e non necessita di altro per essere riconosciuta, poiché essa è il principio primo di tutte le conoscenze. L’idea dell’essere, infatti, «consta all’uomo per intuizione, cioè consta immediatamente al soggetto». Se prendiamo in considerazione le varie formulazioni con cui il Roveretano lo definisce, ci accorgiamo dell’applicazione dell’idea dell’essere.
Certamente Rosmini nell’analisi dell’argomento ontologico procede, in quanto credente, nello spirito di Anselmo, ma la correzione e il rinnovamento da lui operato ha diversi elementi di novità, soprattutto grazie all’implicazione dell’idea dell’essere, sebbene si possa parlare - con le dovute cautele e le precisazioni fatte - di una certa similitudine argomentativa.
Il percorso rosminiano dall’intelligenza all’amore
Mario Cioffi (Facoltà Teologica dell'Italia Centrale – Firenze)
L’essere ideale, quel lume naturale della mente che dimora nell’uomo ma lo trascende, ne accende l’intelligenza e, per le sue caratteristiche, prima fra tutte l’oggettività, fonda ontologicamente la conoscenza umana, aprendo la via ad una vera e propria teologia della verità. L’indagine teosofica rosminiana mette in luce il valore ontologico e metafisico dell’essere ideale, nonché la sua connessione con le altre forme dell’essere. Ai modi ideale e morale, colti rispettivamente dall’intelletto e dall’esperienza sensibile, Rosmini aggiunge il morale, che è libera volontà e amore. L’essere, in quanto amato, è la forma morale.
L’esistenza umana non è autosufficiente, e la ragione è costitutivamente orientata oltre se stessa. L’uomo è un reale finito, il reale è una forma dell’essere, alla forma è essenziale tendere al suo principio, l’essere. L’uomo è dunque «un vitale sentimento che si porta verso l’essere». Questa tendenza morale inclina l’uomo alla felicità, ed è l’origine dell’inclinazione naturale al bene universale, che è l’amore naturale.
Insieme alla Trinità e all’Incarnazione, il problema del peccato originale richiede le riflessioni più intense. L’Enciclica Fides et ratio stimola perciò i filosofi e i teologi ad esplorare la razionalità di questo mistero, le cui ripercussioni nella storia umana e nella scienza filosofica sono tutt’altro che spregevoli. Lo sviluppo del pensiero moderno, da Rousseau a Marx, è un chiaro esempio delle conseguenze teoriche e pratiche di togliere la storicità al peccato originale. Da una parte, il male farebbe parte della natura dell’uomo, essendo così Dio stesso l’autore del male. Da un’altra parte, se lo stato attuale dell’uomo non è conseguenza né di una caduta né di una ribellione, non c’è bisogno dell’ausilio divino. L’uomo diventa quindi autonomo e dà le spalle a Dio nella costruzione di una società perfetta. Anche se la ragione non può provare con certezza il peccato di Adamo come un fatto storico, una buona filosofia impedisce d’interpretare il racconto biblico come un mero simbolo della condizione umana. Il razionalismo non consiste soltanto nella negazione esplicita del carattere storico del racconto biblico, ma c’è anche un atteggiamento razionalista, che consiste nel metterlo tra parentesi. L’ampiezza e profondità delle riflessioni di Rosmini sul peccato originale le fanno uno dei frutti più maturi dell’intellectus fidei di tutti i tempi. Dimostrano altresì che la filosofia cristiana non può prescindere dalla considerazione dello status naturae lapsae.
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