“I Discorsi della Carità” o
“Dottrina della Carità” o
“Maestro dell’Amore”
Tra le pagine di Rosmini sulla carità, le più belle e le più efficaci sono quelle che contengono cinque discorsi che egli tenne in occasione della professione religiosa dei suoi confratelli, rispettivamente nel 1839, nel 1844, nel 1847, nel 1851 e nel 1852. In alcune passate edizioni, a questi discorsi fu dato allora il titolo “Dottrina della carità”. Non esitiamo ad affermare che queste pagine arricchiscono la grande letteratura religiosa ed ascetica.
Le Massime di Perfezione Cristiana sono considerate il suo capolavoro ascetico, il punto di partenza e lo strumento fondamentale per un cammino di crescita cristiana verso la santità. Questi “Discorsi sulla Carità” vanno considerati il punto di arrivo, la dimensione “mistica” della vita cristiana che sfocia nella stessa contemplazione della vita di Dio.
Il fatto che non si tratti di un’opera sistematica, ma di discorsi detti in un ambiente di intimità religiosa, conferisce alle parole di Rosmini un’immediatezza di calore e di fervore che avvince l’anima e pare la introduca nell’esperienza diretta dell’ineffabile bene della Carità di Dio che trascende ogni umano intendimento.
Ma chi legge i discorsi sulla «carità» e sul «sacrificio» in cui si consuma la carità, ha l’impressione che chi parla in quel modo voglia comunicare ad altre anime l’ardore che gli avvampa il cuore, e lo faccia come chi senta il bisogno urgente di consegnare ad altri il testamento di vita più alto e più vero: l’esperienza luminosa e gaudiosa di una ricchezza infinita di bene nell’ineffabile realtà di Dio amante ed amato.
Il testo che qui presentiamo è la trasposizione in lingua aggiornata a cura di suor Maria Michela Riva:
Beato Antonio Rosmini
Il Maestro dell’Amore
la Società della Carità
a cura di Maria Michela Riva rosminiana
Edizioni Rosminiane - Sodalitas
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Introduzione
Se “Dio è carità”, sublime è la vita che si esprime nell’amore a Dio e al prossimo, da Gesù comandato.
Comandato a tutti i cristiani: sacerdoti, religiosi, laici, di ogni aggregazione, perché per tutti il comando, l’opera, il fine, il giudizio, la gloria è la carità.
L’unità che questa carità genera fra tutti i discepoli dell’Amore è indicibile, e splendida è la diversità che, sempre la carità, genera. |
«Abbiamo un codice massimo comune con gli altri fedeli: il Vangelo di Gesù Cristo. Dobbiamo averlo in mano giorno e notte. Le nostre Costituzioni, prese da esso, devono ad esso condurre. Perciò i membri di questo Istituto non devono dividersi dagli altri uomini, ma piuttosto unirsi a tutti nell’unico corpo di Cristo».
Così Rosmini ai suoi confratelli.
La Società della Carità da lui fondata non ha confini, non esclude persona, tende a rifondersi nella Chiesa. Quelli che Dio chiama in essa a continuare in modo specifico il carisma di Rosmini non sono e non vogliono essere altro che i più umili scolari nella scuola dell'Amore. I santi sono di tutta la Chiesa, e quelli che cercano di ripeterne il carisma sono come un dito alzato tra la folla a indicare il dono che a tutti Dio svela.
Dunque, per chi chiede a Dio la grazia di vivere la carità, un preziosissimo aiuto offrono queste parole del Fondatore della Società della Carità. La sua beatificazione avvenuta a Novara il 18 novembre 2007, spinge a dar loro risonanza, e a curare, per gli uomini d’oggi, una versione aggiornata.
Suor Maria Michela Riva
Rosminiana