Le “Regole comuni degli Ascritti” del 1833.
La prima pagina delle “Regole comuni degli Ascritti” nel manoscritto del “Codex Regolarum”
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Questa prima stesura di Regole per gli Ascritti ha una stretta analogia con le “Regole comuni dell’Istituto della Carità” anch’esse manoscritte e raccolte nel “Codex Regularum” e stampate da Rosmini solo nel 1837. Il titolo stesso presenta una particolarità: l’affidamento di questa porzione del nascente istituto religioso a «Gesù paziente e Maria addolorata», una particolarità che poi verrà tolta dalle regole, ma applicata alle varie case religiose.
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La struttura di queste regole è molto snella ed efficace: si tratta di trentun numeri distribuiti su quattro capitoletti; all’inizio una citazione biblica fa immediatamente intuire il fine dell’intero istituto religioso: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Tes 4,3), analoga alla seconda delle Regole Comuni [d’ora in poi chiameremo così quelle dei religiosi dell’Istituto]: «Fine di questa Società è la salvezza e perfezione delle proprie anime».
I quattro capitoli si snodano quindi, sviluppando e approfondendo questo fine.
Il primo capitolo, con una logica spirituale serrata, illustra il fine e ne indica i mezzi: “Del fine dell’Ascrizione e dei mezzi di ottenerlo”, spiegando come il fine sia quello di tutti i cristiani («Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» per ottenere il quale l’Istituto con l’unione degli Ascritti offre alcuni mezzi speciali: 1° la condivisione di tutti i beni spirituali, 2° una stretta unione in “santa amicizia” (la “sussidiarietà”), 3° una maggior cura e direzione spirituale da parte dell’Istituto, 4° la possibilità di fare un maggior bene conseguente dall’unione concorde tra associati.
Il secondo capitolo, “Della Carità verso se stesso” è una concreta applicazione del detto evangelico: «A che ti giova salvare il mondo intero se poi perdi te stesso?»; ogni vero cammino cristiano parte da se stessi, dalla propria coerenza e dai propri impegni.
Il terzo, “Della carità verso la propria famiglia” pone al centro la via della persona secondo ciò che è in relazione all’ambiente in cui vive. Ma non si ferma a considerare solo la vita di chi come ascritto è o figlio, o genitore, o marito, o moglie, o familiare. Considera anche quell’ascritto che è sacerdote, ricordandogli che «la vera sua famiglia è la santa Chiesa di Gesù Cristo» ed i suo veri interessi sono quelli dell’altare.
Il quarto ed ultimo capitolo, “Della Carità verso tutti” ricorda all’ascritto che il suo vivere la Carità deve avere un respiro universale e che per essere vera non può mai escludere nulla, ma sempre secondo un giusto ordine del bene.
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Regole comuni degli Ascritti all'Istituto della Carità sotto la invocazione di Gesù paziente e di Maria Addolorata. |